LA POESIA VISIONARIA DIPINTA DI BLU: PAOLA DI TORO - STATO LIQUIDO
Quando mi sono accomodato sul divano della Di Toro inklines
avevo considerato il titolo di questa raccolta come meta, invece la meta è
stata la fluidità del “viaggio”. La sua parte dura riposa in quel che rimane
dentro di sé, scrive la poetessa molisana, ma leggendo Stato liquido mi
è venuto il dubbio che Paola non riposi
mai, conforme al mare, mai ferma, e proprio il mare, adottato a metafora, è il
protagonista di questa raccolta poetica. Con discreta precisione posso
affermare che la Di Toro è divenuta poeta per “errore” [c’è un salto nel vuoto /
ed una ferita.] saltando nel vuoto ha trovato un mare d’inchiostro a liberarla,
a concederle l’opportunità di mettere in risalto la qualità della propria
anima, liberata da che cosa sarà compito del lettore più attento portarlo alla
luce attraverso un’attenta lettura. A tratti pare scriva col pensiero che nessuno
la possa leggere, una sorta di diario intimo, mantenuto in ordine dagli
scarabocchi procurati dalle insicurezze che ogni giorno appaiono sempre più
grandi […un volo delle mani / che migra / e fa altra dimora ] sempre più
incerte, come le domande a punto interrogativo fantasma che si pone [ Tu resti.
(?)] Il mare è come il sangue (?) Il blu può essere considerato un sostituto
del rosso? Queste domande che mi pongo, dopo avere letto Paola Di Toro, non
richiedono una predisposizione alla risposta, la metafora della vita non ha mai
una risposta che valga per tutti, ma nel caso specifico ho provato a dare una
replica alla mia curiosità e l’ho trovata: [rimango / ancora aggrappata al
tuo sangue come ci si aggrappa al pensiero del mare quando la vita trascorre
senza scorrere: Stato liquido [Se ti va potremmo incontrarci in
quei giorni che piove col sole… mentre di qua le teste rimangono e sono tutte
bagnate]. Paola Di Toro entra nel buio dell’inchiostro per trovare luce, per
donarla come si dona la gioia, certi passaggi la fanno apparire come la bambina
all’esordio in mare, la quale sbatte le braccia per far schizzare l’acqua ed è
felice, così la ritrovo quando più o meno sfumatamente descrive in versi il
rapporto con le sue figlie, ciò che rimane alla fine di ogni caduta. L’alfabeto
di Paola Di Toro non è composto di parole ma di sentimenti, serba in sé la
memoria dell’acqua chele rimane dentro, forse da qui il suo essere accompagnata
in ogni verso da una forma liquida di sdoppiamento, il sapersi destreggiare
all’interno di un vuoto complice della fortuna di perdere il nome e avere
soltanto le scarpe ad aspettarla: lei nata per attraversare, lui per percepire
l’incendio.
“…un fruscio di foglie
appese ai rami alti.”
Alcuni saggisti del novecento sostengono che la poesia
illumini solo le premesse e gli effetti inerenti una crisi esistenziale, nella
sua silloge Di Toro crea specchi di luce standosene rintanata nel buio. Facendo
riferimento al verso riportato sopra: che sia, lei, il vento? Di Toro comunica
lo stretto contatto tra l’invariabilità, e la possenza del masso e la incerta e
vulnerabile coscienza. Dovremo forse attenderci, in futuro, un ulteriore consolidamento
dello Stato liquido? A me la fluidità del suo istinto è piaciuta.
“Arriva il tempo
che ci rompe
in nuvole d’ossa.
E la china della luce
ci inginocchia.
Siamo esseri
in discesa
e la pietà sola
ci sospende
come esca che risale
dal fondo della terra.”
Paola Di Toro è nata in un sabato di sole d'autunno in molise, vive a Campobasso. Non Beve, non fuma, ha la capacità di entrare nelle bolle di sapone senza farle esplodere. Stato liquido (DELTA3EDIZIONI) è la sua opera prima.
