lunedì 21 luglio 2025

Mara Mattavelli LE FARFALLE DI NABOKOV


LA SFUMATURA COME METODO DI COMUNICAZIONE

(il poeta vede ciò che resta fuori dalla rete)

Le farfalle di Nabokov è la seconda opera poetica di Mara Mattavelli, dal titolo ingegnoso, con una cover accattivante che induce il lettore a porsi d'istinto una domanda: sarà una farfalla a forma di chiave oppure una chiave a forma di farfalla? Probabilmente, la soluzione poetica di Mara risiede dentro a questa breve silloge, candida e minuta, suddivisa in quattro sezioni, dove al lettore sorgerà spontanea un'altra domanda: se, nel contesto, il poeta sia farfalla o fiore. Durante la lettura risulterà evidente il pensiero della poeta bresciana, imperniato su due forme di ironia, alata e nebulosa che si incrociano spesso nel suo cielo. Mattavelli ha intuizioni vincenti, adopera termini comuni riuscendo a rimanere originale, non si accomuna a nessuno e ha la capacità di elevarsi proprio quando deraglia dal binario dell'indottrinamento poetico. Ha grandi potenzialità, Mara, dovrebbe osare di più, occuparsi meno della parte tecnica, le sue metafore sono antenne in grado di captare il multiverso giusto, le sue ali vanno lasciate esposte al rischio di vivere. Ancora sto pensando al significato di quella chiave, vediamo di analizzare brevemente le quattro stanze poetiche nelle quali Mara invita il lettore.
Nella prima stanza, NELLA NATURA, si entra senza apparente fatica... [Ciliegi in fiore di bianco vestiti...] Si evince sia una stanza a cielo aperto [...nuvole che disegnano e poi cancellano...], mi colpisce il fatto che alcune poesie abbiano come titolo una data, questo va in contrapposizione con la natura che è fatta di ere e non di date, forse la poeta vuole trasmettere la consapevolezza della nostra inutilità, rimarcata attraverso il trascorrere del tempo [...parla il silenzio, lungo la sera...] e lo sguardo interiore, che ognuno di noi possiede, è l'unico in grado di fissare un'epoca in un istante. Il secondo vano IL MIO CIELO è brevissimo ma con annesso balcone [... si fanno belli tutti i fiori... ti lasciano un sorriso e nulla in cambio...] Mara sembra quasi volerci dire: sono qua per difetto, una sfumatura il mio colore, sembra dire di sé, colore confortato dal cielo che rispecchia le sue fermate, le sue ripartenze, cielo che la sostiene. La terza stanza ospitante LA ME DI PRIMA, ha la funzione di ripostiglio, anche questa è una sezione breve, forse per confermare che è inutile trascinarsi dietro un passato, ciò che siamo oggi è inevitabilmente il frutto di ciò che siamo stati ma non siamo più o forse siamo sempre noi e ripetersi è l'errore. Altrimenti si scende in tonfo a bruciapelo e non sempre c'è la neve fresca a proteggerci dal ghiaccio. Prima di uscire dalla stanza si viene invasi dal profumo de il pane buono dei nonni, a rivelare la vera entità del sogno: il ritorno a casa alla fine del viaggio. Credo, o almeno mi illudo di avere trovato la chiave, senza avere spezzato le ali alla farfalla. NATA D'APRILE è l'ultima stanza da esplorare di questa casa di pagine. Ariete o Toro? Poco importa, lei vuole solo le vocali del sole e accenti messi in ogni dove. L'importanza delle stagioni, dei fiori, dei colori, sono entrato nel mondo mattavelliano senza l'ausilio del retino, mi sono volate attorno svariate sfumature, in poesia si tende a idealizzare e io non so se ho idealeggiato bene, inseguendo farfalle. Rispondendo al quesito iniziale mi viene da dire, in questo caso: il poeta è il fiore. Al di là della mia visione, ritengo straordinario il fatto che un libro apparentemente esile e inoffensivo nella forma esteriore, possa contenere molteplici argomenti di discussione, crescita ed eventuale confronto. Questa è la magia della poesia.
*****

Nuvole

La nuvola disegna e poi cancella:
vedi il cespuglio prima che sfiorisca,
le cime tondeggianti farsi punte,
vicino un dragone lancia fiamme,
svanisce la sua lingua torna striscia.
Nel girone del vento tutto sfuma
quello che ti sembrava non era prima.

*****

Mara Mattavelli è nata a Orzinuovi (BS) dove vi abita un tipo che ha fatto il militare con me. Sua vicina di culla, Lisa Langseth, insieme alla quale ha cominciato a memorizzare i primi versi. Viaggia per amore e scrive per passione. Non è mai stata al Number One.

Mara Mattavelli ha pubblicato:
PAROLE IN FIORE (2023 Marco Serra Tarantola EDITORE)
LE FARFALLE DI NABOKOV (GATTOGRIGIO EDITORE)

venerdì 14 febbraio 2025

Elena Milani - LE RONDINI AL RITORNO

 


Elena Milani
 LE RONDINI AL RITORNO

Vi sono pagine di poesia che trasmettono l'urgenza di farsi ascoltare. L'efficacia poetica di Elena Milani appare lampante fin dai primi versi di questa silloge, scaricabile gratuitamente sul blog di Flavio Almerighi e da poco disponibile anche in formato cartaceo. Elena Milani narra la condizione derivante dall'abnegazione: c'è poca esistenza nella sua poesia e, al contrario, tanto vissuto, tanta vita dedicata al sacrificio. La sofferenza come mezzo di comunicazione, filo conduttore, d'altronde pure Bataille lo sosteneva, dicendo che l'essere umano se non soffre tende ad atrofizzarsi, risultando poi banale, insensibile, borioso, poco comunicativo (sebbene, egli, creda di esserlo maggiormente in quel frangente di non sofferenza). I versi di Elena Milani sono straordinariamente semplici, le sue metafore giovevoli, in lei spicca la tendenza a sopportare, ma senza negare la consistenza illusoria del sogno, lo slancio provocatorio generato dal dubbio. Milani affronta con ironia le proprie debolezze, le lascia andare senza però perderle mai di vista, come un fiume che scorre trascinando a sé gioie, disastri, imperfezioni, mancanze, slanci, affetti. La vita di paese forma una conflittualità tra protezione e limite, che emerge prepotentemente nei ricordi di infanzia, ma, come dice Pavese, un paese ci vuole non fosse che per il gusto di andarsene via, ma Elena è rimasta, salvandosi dal diluvio da sola, in silenzio, come un iperico nascosto sotto la veste del tempo che scorre, un'evoluzione poetica dalle radici ben piantate a terra. Le parole? Sono arrivate dopo, o forse, semplicemente, tornate ad abitare la sua casa, dove tutto pare vivere sempre per la prima volta, come la neve quando cade. Le sue poesie sono neve che riscalda in attesa del ritorno delle rondini. Tutti ritorniamo, nessuno se ne va per sempre.

*****
Di tutti gli amori corrisposti

[quello dei cacciatori di parole
dei maratoneti sui righi
dei saltimbanchi fra i versi
di quelli che d'un petalo
ne fanno una virgola
e nel punto non trovano la fine]

il più bello è quello fra i poeti
che passano attraverso
il cerchio infuocato di una “o”
che acchiappano la luna per la coda
per farci il bagno insieme, giù
nel mare, nei dialoghi segreti scritti
abitano lidi d'infanzia
atolli di solitudine felice
inferni che non consumano
e cieli dispersi di cui si sfamano.

*****

Se aveste conosciuto mia madre
ve ne sareste innamorati.
Tutti.
Passando, tagliava in due il paese
con la sua rabbia la sua dolcezza
nascosta
il canino storto simpatico.
Tutti la amano, da quando è morta.
Come la vita che si sogna da lontano
come una scala priva di corrimano.

*****

Non è che fossi davvero brutta,
nessuno lo è mai per sempre e per davvero,
ero solo diventata una tovaglia da tutti i giorni,
con la macchia di vino
che ha dimenticato il brindisi
e prende un colore che non sa più di niente.
Ero nella centrifuga lunga
della mia lavatrice,
gli occhi smorti nell'oblò.
Ero il dovere che resiste,
il ringhio fra le fauci della tigre in gabbia
quando la frusta schiocca,
ma si dice che è solo per gioco.
Ero spenta senza il lusso del divano,
nè bianca, né nera,
senza la gioia dell'amore,
la sorpresa nel grido,
il rosso vivo dentro la macchia.

*****

Elena Milani che vive in un paese, lì su gli appennini, è nata sotto il segno del drago in un giovedì di febbraio, suggerita al pianeta da John Steinbeck, Liz Taylor e da un giovanissimo Bernardo Bertolucci, il tutto mentre la radio trasmetteva a manetta Una lacrima sul viso di Bobby Solo, tanto che Elena, per vendicarsi di Bobby, contagia tutti col suo sorriso, da quel giorno, ogni giorno. Ex fumatrice, ha affrontato tutte le esperienze necessarie per definire la propria dimensione di poeta. Vive, cucina e scrive a Pian di Setta, vicino a Bologna.

giovedì 1 agosto 2024

100 POESIE - IL GIARDINO POETICO DI FRANCA ALAIMO

 



[Ogni giorno dai vasi/ sul balcone affiora/ alla luce un altro fiore… 

Poi tutto scompare/ fiori d’oro, arance/ mal di luce.]

Mi avvalgo della facoltà di citare Dino Buzzati per provare a definire la poesia di Franca Alaimo: << C’è un sistema semplicissimo e pratico per stabilire se una poesia è vera poesia: leggetela distrattamente, meccanicamente, senza il minimo sforzo, addirittura pensando ad altro. Se è poesia di quella buona, state pur certi che qualcosa vi entrerà nel cervello, vi toccherà come una punta.>>   Confesso, una osservazione minuziosa delle sue parole non la sono riuscita a fare senza aver dovuto chiedere aiuto a un grande narratore, Franca è come una bambina che ti scappa da tutte le parti, la insegui e, quando ti fermi affannato, piegandoti con le mani sui fianchi, te la ritrovi lì davanti, saltellante, dicendoti: <Hai visto quanto è facile scrivere una poesia, è sufficiente parlare con Dio, nutrire un fiore, prendersi cura di un gatto.>  Poi ricomincia a correre e, allora, leggendola, ti accorgi che la vita vale sempre la gioia di essere vissuta anche quando ti fa sentire come una conchiglia, estirpata dal mare e tenuta in giardino per fare apparire, il possidente, migliore. Ma noi non siamo niente, come recita a se stessa Alaimo dialogando con il suo Dio. Ma chi è il Dio con il quale si confida? Vogliamo immaginare sia il creatore del suo giardino, inteso come foglio, oppure è, quel Dio, la solitudine con la quale ognuno di noi convive più o meno pacificamente? <<Dirmi che sono una bambina, anche se sono avanti negli anni, ma lo so che il cuore  non tiene in conto se non il ritmo del suo battito. Finché c'è, viva comunque la vita.>>  E così succede, leggendo, di vedere sbucare dal foglio due mani rugose di bambina, protese verso le arance che nessuno coglie, quella sensazione di non essere abbastanza niente nel guardare fiorire il ritorno alla casa dove tutte le cose smettono di morire e, forse, anche di soffrire. 

<<Si tratta, comunque, di soffiare sulla "bua" e tutto passa. Quando eravamo bambini, lo credevamo davvero, perché eravamo solo amore.>>  Franca Alaimo.


Sono la bimba di ieri
che colora le labbra
col succo delle more,
e dice: io sono un fiore.
Non so quando, ma
diventerò una viola.
Mi alzerò su uno stelo
fluttuando nel cielo
come un aquilone.

*****

Franca Alaimo è nata a Palermo, dove risiede, con la sua gatta Ninnetta e un bellissimo balcone fiorito, a quattro passi dal mare. Voce influente della poesia contemporanea, è franca di nome e di fatto. L'ultima sua pubblicazione è:

100 POESIE - 2024 peQuod

mercoledì 24 luglio 2024

DOVE NEVICANO LE VIOLE - LE VIRGOLE SOTTO IL SOLE DI ANNA MARIA SCOPA



 L'inchiostro per innaffiare le parole, così come l'acqua per innaffiare i fiori. E la neve? Forse come stato embrionale delle cose, dico forse perché non lo so: DOVE NEVICANO LE VIOLE è un viaggio verso e attraverso la fioritura del destino, Anna Maria si prende cura di questo giardino che è la vita, con le sue speranze, le sue delusioni, le sue amare verità, il suo portare attenzione. Quando leggo un libro di poesie sono molto meticoloso riguardo la lettura dei titoli, delle stesse, a volte i suddetti sono poesia nella poesia, non so se tutti coloro che leggono con trasporto una silloge fanno caso a questo, io sì, e se si volesse giocare con i titoli, oltre a scoprire la smisurata commistione che si riscontra tra l'anima di Anna Maria e i fiori (a mio parere, in questo caso, simbolo delle stagioni e degli accadimenti) si riuscirebbe a ricavare una poesia di grande intensità emotiva. La Scopa dà soltanto risposte, perché in natura non esistono domande, esiste solamente un tempo che trascorre senza passare, dove tutto fa parte del tutto, non si getta niente, nemmeno l'esperienza negativa: in lak'ech, sembra sussurrare Anna Maria alle sue creature, mentre dormono sotto una neve di viole scagliate da Cupido, in attesa del ripetersi di quel miracolo che chiamiamo amore. Nella silloge si respira anche una grande passione per il mare, Anna non lo dichiara apertamente ma il mare è il suo rifugio, il ritorno al proprio stato primordiale, la necessità che in alcuni periodi della vita si fa impellente, da qui forse l'urgenza di scrivere, di comunicare al mondo il proprio atto di coraggio: affrontare la vita, prendendosi cura dei fiori. Mi viene solo da chiederle: cosa succederebbe se il suo inchiostro smettesse all'improvviso di respirare? Smetterebbero di cadere le viole? Non mi interessa sapere la risposta che forse è l'oggetto stesso di questo libro, io me la sono data leggendolo, ma non ve la dico.

"Quando ci si ammala davvero / è tutto dentro / non ti basta fare il cambio di stagione."

martedì 23 luglio 2024

Giancarlo Sissa ARCHIVIO DEL PADRE

                                                     


                                                                                                                                "Ma nell'ufficio delle cose perdute
devo, in cambio dei vent'anni, ridare tutto quello che ho."


Canticchio Gino Paoli dopo avere bevuto una bottiglia di versi del poeta Giancarlo Sissa, poeta di valore assoluto, oltre che custode di grandi valori umani.
"Ha nevicato tutta la notte. Il vapore sui vetri del bar. Devo comperare scarponi nuovi. Mandarti queste povere cose immense della vita." ...
Ed è proprio, la sollecitazione dei valori, il leitmotiv di questo intenso diario poetico, scritto a sorsi, per dare possibilità al lettore di gustarlo, come si assapora una bottiglia di vino contadino, genuino e gradevole. Sissa fa parte, a mio modo di leggere, di una ristretta categoria di poeti non 'catalogabili', totalmente al di fuori di quella vasta cerchia di non poeti camuffati da poeti che si somigliano tutti tra loro. Con i suoi versi frammentati, scava, smonta, assembla, percuote, accarezza, smussa, dipinge, sempre con smisurata affabilità. Archivio del padre è una sorta di diario dove il poeta annota gli stati di decomposizione della materia che, trasversalmente, rende poi eterni attraverso il ricordo.
"Padre caro ti somiglio. Sorrido come te. Mi siedo come te. Di là dal tavolo ho la tua stessa voce. Fra poco non mi ascolteranno."...
Mi sono trovato molto vicino a questo processo di identificazione familiare, spesso mi succede di vedere, in me, mio padre, sensazione che oserei chiamare 'sentimento della ripetizione', nel senso che il nostro cambiamento è come se non derivasse da un innovarsi, ma da un ripetersi, in Archivio del padre c'è un verso (Viene il giorno che finalmente non contiamo più nulla...) che porta proprio a questo concetto, accettare il fatto che verremo sostituiti, ma, aggiungo io, da noi stessi. Sissa, con il suo fare di poesia genialmente tartaglione, mi ha avvicinato alle sue angosce, alle sue paure, alle sue speranze, ai suoi dubbi, che sono diventati i miei, penso che difficilmente potrà giungere al cuore di chi mantiene viva una posizione falsa, atteggiandosi a maestro di se stesso. Non c'è morale in Archivio del padre, non c'è competizione tra familiari, ci sono incomprensioni e gesti, compresi dopo anni di teoria dell'inconscio, c'è vita vera che si ripete nell'io sono l'altro tanto caro a Rimbaud. Dal mio modo di vedere le cose ritengo il contributo della poesia "Sissiana", a questo tempo, un contributo importante. Leggere Archivio del padre è necessario.

giovedì 9 maggio 2024

Viviana Viviani

 




LA POESIA TOTALITARIA DI VIVIANA VIVIANI, ESTRO A PRIMA VISTA

Poi, si può dire che ognuno è bravo con le poesie degli altri rivedute e corrette, di Viviana Viviani no, non si può dire. Lei è capace, con le sue poesie, semplici, perentorie, inderogabili di estrarre il coniglio dal cilindro dell’ambiguo, svelandolo con il cinismo e l’impudenza tipica della bambina -per nulla- impazzita. Viviani è semplicemente Viviana, non dà nulla per scontato, con lucida ironia si mostra, fragile, sferzante, nuda come la donnina che vede passeggiare per strada e che poi all’improvviso scompare dalla vista ma non dalla mente, perché Viviana è la voce di tutti noi, di quello che siamo stati e abbiamo pensato almeno una volta nella vita e, attenzione, tutto ciò potrebbe apparire ovvio ma non è affatto così: Viviana possiede il tocco del fuoriclasse, di quelli che ne nasce uno (se va bene) per generazione. Le poesie di Viviana Viviani prendono vita senza complicazioni psicologiche dettate dalla necessità di trovare l’adatto, anzi, è proprio nell’inopportuno che lei trova la pertinenza, è nella fragilità che riesce ad esprimere tutta la sua potenza, senza timore alcuno di risultare inconsistente all’occhio intollerrante di una nicchia che spesso ricerca l'anticonformismo attraverso l’eclatante, senza trovarne mai la quadra. Viviani, con la parola, evoca la presenza del sentimento nell’attimo stesso in cui lo nega, sembra quasi volerci dire che l’unica vita possibile da affrontare, al riparo, sia una morte giovane.

 

 

 

A CHE DARO' IL TUO NOME

A che darò il tuo nome?

Che cosa ti assomiglia?

Forse a un cane docile

per crederti fedele

o a un gatto bugiardo

per impazzire a cercarlo,

la barca costa troppo

e non so navigare

e già in troppi racconti

sei vittima o assassino.

 

Se nulla ti assomiglia

non resta che una stella

a cui darò il tuo nome

la comprerò in offerta

da qualche truffatore

la comprerò in offerta

insieme a un frullatore.

 

***

 

 

FINGO DI NON AMARTI

Fingo di non amarti

rispondo tardi

mi sento scaltra

se sbaglio apposta

il nome dell'altra

mostro indifferenza

distrazione e assenza

dico stiamo insieme

finché stiamo bene

viviamo il presente

senza promesse

sotto queste sciocchezze

da donna cresciuta

tengo nascosta

la bambina impazzita.

 

***

 

QUEL GIORNO

Solo ieri rovesciavo formicai

lanciavo sassi nel sole

facevo correre cavalli in verticale

cucinavo a Ken torte invisibili

mi nascondevo dietro porte trasparenti

dalle maniglie d’oro e di diamanti.

 

Poi non so cosa accadde

come quando attendi l'ebollizione

dell'acqua o il sorgere del sole

fu solo un momento di distrazione

dormivo con il mio cane accanto

mi sveglia e lui era di pezza

e tutti gli altri giocattoli in soffitta.

 

Oggi ho una casa e un'automobile

quando si rompono le faccio aggiustare

mi sveglio tutti i giorni sempre uguale

addebiti accrediti cose da sbrigare

muovo i miei cavalli tre più due

e compro surgelati tre per due.

 

Oppure fu un genio cattivo, iracondo

a scacciarmi dal tempo infinito

dal centro del mondo.

 

 

***

Viviana Viviani è nata a Ferrara, a poca distanza dal Parco della luna. La leggenda narra che sia la figlia segreta, frutto di una relazione musicopoetica, di Lucio Dalla e Wislawa Szymborska. Non parla il polacco ma la sua biografia definitiva si chiamerà quasi certamente “25/1/74” perché a modo suo è un’artista, accarezzata dal genio pure lei.

giovedì 25 aprile 2024

Tania Chimenti

 


ESCO POCO DI TANIA – LA PAROLA LIBERATA DI TANIA CHIMENTI

A lungo, a lungo – fin dall’infanzia, fin da quando ho ricordo di me stessa- mi è sembrato di voler essere amata. Adesso io so che non mi serve l’amore, mi serve la comprensione.) Questi versi di Marina Cvetaeva, più di qualsiasi altro verso dell'universo, descrivono il fare poesia di Tania Chimenti. Una peculiare saggezza quella di Tania, appresa dallo sguardo di una finestra fronte albero, illuminata da un’emozione che si fa immagine attraverso la parola coltivata nella lucidità di un dolore, al fine quasi amato come si ama un amore finito. E con il dolore, Chimenti, sembra instaurare un rapporto epistolare composto da versi di leggerezza profonda, corrisposti da disegni di solitudine, a tratti impalpabile per via della delicatezza con la quale si esprime la poeta barese. Abbracciami cielo è un vademecum per imparare a gestire la solitudine, Chimenti ci insegna che siamo tutti estranei a noi stessi fino a quando non veniamo a conoscenza di non essere ciò che crediamo di essere e solamente entrando nel raggio del trapasso possiamo finalmente ricondurci a noi stessi. Possiamo definire la poetica di Tania Chimenti come l’approcciarsi non a un verso libero ma a un verso liberato.

 ***

ESCO POCO DI TANA

Esco poco di tana

faccio parte di quelle creature

che vivono sottoterra.

 

A volte scelgo il soprassuolo

con l'entusiasmo e la paura

del detenuto a fine pena

 

e con lo stesso spaesamento

del ricoverato nel giorno delle sue dimissioni.

 

Scavo ad occhi chiusi fori dell'anima

gallerie che dall'infanzia

mi proiettano al futuro.

 

Di notte nel mio rifugio

incontro quelle creature

che al mattino

non hanno nessuno.

.

***

CAMPANA TIBETANA

Non chiedermi di amarti

se imponi confini.

Non sono brava nella geometria.

Sono una funzione che tende all’infinito.

Mi piacciono quei baci che

iniziano con la consonante

e finiscono con la vocale,

Anzi non finiscono

Spogliano con gli occhi i sogni.

Non ti ho detto, ad esempio,

che la tua lingua è un martello di seta,

e la mia bocca una campana tibetana.

Il mio sangue ascolta le tue vibrazioni.

 

 

***

 

NON CI SFIORIAMO PIÙ

Non ci sfioriamo più

l’età adulta segna la fine

di un tempo che non c’è,

ricordo antico

materia per déjà vu.

Ma se un giorno

questo fiume

mostrerà la dolcezza della fine,

io mi farò lambire

senza lasciare traccia in questo finire.

Planerò come il gufo,

soffice rumore

estinguersi con passione.

 

 

***

 

IL MIO ALBERO

Il mio albero ha fitte foglie rosse

si è vestito d'imprevisto

 

Dono in una mattina

ha bussato sul mio cuore

con tanti rintocchi quante le sue foglie

 

Subito cielo

a far scorta d'ossigeno

 

E terra a offrire

nuove radici

le nostre

 

***

 

Tania Chimenti è subentrata a Delhy Tejero il 10 ottobre, alla vigilia delle Olimpiadi di Città del Messico. Abbracciami cielo (2023 WIP Edizioni) è la sua opera prima. Ama il mare e la cassata.


ENCICLOPEDIA DEL FAR NIENTE la crestomazia sbriciolata di un sé - Nota critica di FRANCA ALAIMO e quattro poesie controindicate.

  In genere le sezioni di un libro servono a sottolineare le diverse tappe tematiche del discorso. Ed, invece, in "Enciclopedia del far...