giovedì 1 agosto 2024

100 POESIE - IL GIARDINO POETICO DI FRANCA ALAIMO

 



[Ogni giorno dai vasi/ sul balcone affiora/ alla luce un altro fiore… 

Poi tutto scompare/ fiori d’oro, arance/ mal di luce.]

Mi avvalgo della facoltà di citare Dino Buzzati per provare a definire la poesia di Franca Alaimo: << C’è un sistema semplicissimo e pratico per stabilire se una poesia è vera poesia: leggetela distrattamente, meccanicamente, senza il minimo sforzo, addirittura pensando ad altro. Se è poesia di quella buona, state pur certi che qualcosa vi entrerà nel cervello, vi toccherà come una punta.>>   Confesso, una osservazione minuziosa delle sue parole non la sono riuscita a fare senza aver dovuto chiedere aiuto a un grande narratore, Franca è come una bambina che ti scappa da tutte le parti, la insegui e, quando ti fermi affannato, piegandoti con le mani sui fianchi, te la ritrovi lì davanti, saltellante, dicendoti: <Hai visto quanto è facile scrivere una poesia, è sufficiente parlare con Dio, nutrire un fiore, prendersi cura di un gatto.>  Poi ricomincia a correre e, allora, leggendola, ti accorgi che la vita vale sempre la gioia di essere vissuta anche quando ti fa sentire come una conchiglia, estirpata dal mare e tenuta in giardino per fare apparire, il possidente, migliore. Ma noi non siamo niente, come recita a se stessa Alaimo dialogando con il suo Dio. Ma chi è il Dio con il quale si confida? Vogliamo immaginare sia il creatore del suo giardino, inteso come foglio, oppure è, quel Dio, la solitudine con la quale ognuno di noi convive più o meno pacificamente? <<Dirmi che sono una bambina, anche se sono avanti negli anni, ma lo so che il cuore  non tiene in conto se non il ritmo del suo battito. Finché c'è, viva comunque la vita.>>  E così succede, leggendo, di vedere sbucare dal foglio due mani rugose di bambina, protese verso le arance che nessuno coglie, quella sensazione di non essere abbastanza niente nel guardare fiorire il ritorno alla casa dove tutte le cose smettono di morire e, forse, anche di soffrire. 

<<Si tratta, comunque, di soffiare sulla "bua" e tutto passa. Quando eravamo bambini, lo credevamo davvero, perché eravamo solo amore.>>  Franca Alaimo.


Sono la bimba di ieri
che colora le labbra
col succo delle more,
e dice: io sono un fiore.
Non so quando, ma
diventerò una viola.
Mi alzerò su uno stelo
fluttuando nel cielo
come un aquilone.

*****

Franca Alaimo è nata a Palermo, dove risiede, con la sua gatta Ninnetta e un bellissimo balcone fiorito, a quattro passi dal mare. Voce influente della poesia contemporanea, è franca di nome e di fatto. L'ultima sua pubblicazione è:

100 POESIE - 2024 peQuod

mercoledì 24 luglio 2024

DOVE NEVICANO LE VIOLE - LE VIRGOLE SOTTO IL SOLE DI ANNA MARIA SCOPA



 L'inchiostro per innaffiare le parole, così come l'acqua per innaffiare i fiori. E la neve? Forse come stato embrionale delle cose, dico forse perché non lo so: DOVE NEVICANO LE VIOLE è un viaggio verso e attraverso la fioritura del destino, Anna Maria si prende cura di questo giardino che è la vita, con le sue speranze, le sue delusioni, le sue amare verità, il suo portare attenzione. Quando leggo un libro di poesie sono molto meticoloso riguardo la lettura dei titoli, delle stesse, a volte i suddetti sono poesia nella poesia, non so se tutti coloro che leggono con trasporto una silloge fanno caso a questo, io sì, e se si volesse giocare con i titoli, oltre a scoprire la smisurata commistione che si riscontra tra l'anima di Anna Maria e i fiori (a mio parere, in questo caso, simbolo delle stagioni e degli accadimenti) si riuscirebbe a ricavare una poesia di grande intensità emotiva. La Scopa dà soltanto risposte, perché in natura non esistono domande, esiste solamente un tempo che trascorre senza passare, dove tutto fa parte del tutto, non si getta niente, nemmeno l'esperienza negativa: in lak'ech, sembra sussurrare Anna Maria alle sue creature, mentre dormono sotto una neve di viole scagliate da Cupido, in attesa del ripetersi di quel miracolo che chiamiamo amore. Nella silloge si respira anche una grande passione per il mare, Anna non lo dichiara apertamente ma il mare è il suo rifugio, il ritorno al proprio stato primordiale, la necessità che in alcuni periodi della vita si fa impellente, da qui forse l'urgenza di scrivere, di comunicare al mondo il proprio atto di coraggio: affrontare la vita, prendendosi cura dei fiori. Mi viene solo da chiederle: cosa succederebbe se il suo inchiostro smettesse all'improvviso di respirare? Smetterebbero di cadere le viole? Non mi interessa sapere la risposta che forse è l'oggetto stesso di questo libro, io me la sono data leggendolo, ma non ve la dico.

"Quando ci si ammala davvero / è tutto dentro / non ti basta fare il cambio di stagione."

martedì 23 luglio 2024

Giancarlo Sissa ARCHIVIO DEL PADRE

                                                     


                                                                                                                                "Ma nell'ufficio delle cose perdute
devo, in cambio dei vent'anni, ridare tutto quello che ho."


Canticchio Gino Paoli dopo avere bevuto una bottiglia di versi del poeta Giancarlo Sissa, poeta di valore assoluto, oltre che custode di grandi valori umani.
"Ha nevicato tutta la notte. Il vapore sui vetri del bar. Devo comperare scarponi nuovi. Mandarti queste povere cose immense della vita." ...
Ed è proprio, la sollecitazione dei valori, il leitmotiv di questo intenso diario poetico, scritto a sorsi, per dare possibilità al lettore di gustarlo, come si assapora una bottiglia di vino contadino, genuino e gradevole. Sissa fa parte, a mio modo di leggere, di una ristretta categoria di poeti non 'catalogabili', totalmente al di fuori di quella vasta cerchia di non poeti camuffati da poeti che si somigliano tutti tra loro. Con i suoi versi frammentati, scava, smonta, assembla, percuote, accarezza, smussa, dipinge, sempre con smisurata affabilità. Archivio del padre è una sorta di diario dove il poeta annota gli stati di decomposizione della materia che, trasversalmente, rende poi eterni attraverso il ricordo.
"Padre caro ti somiglio. Sorrido come te. Mi siedo come te. Di là dal tavolo ho la tua stessa voce. Fra poco non mi ascolteranno."...
Mi sono trovato molto vicino a questo processo di identificazione familiare, spesso mi succede di vedere, in me, mio padre, sensazione che oserei chiamare 'sentimento della ripetizione', nel senso che il nostro cambiamento è come se non derivasse da un innovarsi, ma da un ripetersi, in Archivio del padre c'è un verso (Viene il giorno che finalmente non contiamo più nulla...) che porta proprio a questo concetto, accettare il fatto che verremo sostituiti, ma, aggiungo io, da noi stessi. Sissa, con il suo fare di poesia genialmente tartaglione, mi ha avvicinato alle sue angosce, alle sue paure, alle sue speranze, ai suoi dubbi, che sono diventati i miei, penso che difficilmente potrà giungere al cuore di chi mantiene viva una posizione falsa, atteggiandosi a maestro di se stesso. Non c'è morale in Archivio del padre, non c'è competizione tra familiari, ci sono incomprensioni e gesti, compresi dopo anni di teoria dell'inconscio, c'è vita vera che si ripete nell'io sono l'altro tanto caro a Rimbaud. Dal mio modo di vedere le cose ritengo il contributo della poesia "Sissiana", a questo tempo, un contributo importante. Leggere Archivio del padre è necessario.

giovedì 9 maggio 2024

Viviana Viviani

 




LA POESIA TOTALITARIA DI VIVIANA VIVIANI, ESTRO A PRIMA VISTA

Poi, si può dire che ognuno è bravo con le poesie degli altri rivedute e corrette, di Viviana Viviani no, non si può dire. Lei è capace, con le sue poesie, semplici, perentorie, inderogabili di estrarre il coniglio dal cilindro dell’ambiguo, svelandolo con il cinismo e l’impudenza tipica della bambina -per nulla- impazzita. Viviani è semplicemente Viviana, non dà nulla per scontato, con lucida ironia si mostra, fragile, sferzante, nuda come la donnina che vede passeggiare per strada e che poi all’improvviso scompare dalla vista ma non dalla mente, perché Viviana è la voce di tutti noi, di quello che siamo stati e abbiamo pensato almeno una volta nella vita e, attenzione, tutto ciò potrebbe apparire ovvio ma non è affatto così: Viviana possiede il tocco del fuoriclasse, di quelli che ne nasce uno (se va bene) per generazione. Le poesie di Viviana Viviani prendono vita senza complicazioni psicologiche dettate dalla necessità di trovare l’adatto, anzi, è proprio nell’inopportuno che lei trova la pertinenza, è nella fragilità che riesce ad esprimere tutta la sua potenza, senza timore alcuno di risultare inconsistente all’occhio intollerrante di una nicchia che spesso ricerca l'anticonformismo attraverso l’eclatante, senza trovarne mai la quadra. Viviani, con la parola, evoca la presenza del sentimento nell’attimo stesso in cui lo nega, sembra quasi volerci dire che l’unica vita possibile da affrontare, al riparo, sia una morte giovane.

 

 

 

A CHE DARO' IL TUO NOME

A che darò il tuo nome?

Che cosa ti assomiglia?

Forse a un cane docile

per crederti fedele

o a un gatto bugiardo

per impazzire a cercarlo,

la barca costa troppo

e non so navigare

e già in troppi racconti

sei vittima o assassino.

 

Se nulla ti assomiglia

non resta che una stella

a cui darò il tuo nome

la comprerò in offerta

da qualche truffatore

la comprerò in offerta

insieme a un frullatore.

 

***

 

 

FINGO DI NON AMARTI

Fingo di non amarti

rispondo tardi

mi sento scaltra

se sbaglio apposta

il nome dell'altra

mostro indifferenza

distrazione e assenza

dico stiamo insieme

finché stiamo bene

viviamo il presente

senza promesse

sotto queste sciocchezze

da donna cresciuta

tengo nascosta

la bambina impazzita.

 

***

 

QUEL GIORNO

Solo ieri rovesciavo formicai

lanciavo sassi nel sole

facevo correre cavalli in verticale

cucinavo a Ken torte invisibili

mi nascondevo dietro porte trasparenti

dalle maniglie d’oro e di diamanti.

 

Poi non so cosa accadde

come quando attendi l'ebollizione

dell'acqua o il sorgere del sole

fu solo un momento di distrazione

dormivo con il mio cane accanto

mi sveglia e lui era di pezza

e tutti gli altri giocattoli in soffitta.

 

Oggi ho una casa e un'automobile

quando si rompono le faccio aggiustare

mi sveglio tutti i giorni sempre uguale

addebiti accrediti cose da sbrigare

muovo i miei cavalli tre più due

e compro surgelati tre per due.

 

Oppure fu un genio cattivo, iracondo

a scacciarmi dal tempo infinito

dal centro del mondo.

 

 

***

Viviana Viviani è nata a Ferrara, a poca distanza dal Parco della luna. La leggenda narra che sia la figlia segreta, frutto di una relazione musicopoetica, di Lucio Dalla e Wislawa Szymborska. Non parla il polacco ma la sua biografia definitiva si chiamerà quasi certamente “25/1/74” perché a modo suo è un’artista, accarezzata dal genio pure lei.

giovedì 25 aprile 2024

Tania Chimenti

 


ESCO POCO DI TANIA – LA PAROLA LIBERATA DI TANIA CHIMENTI

A lungo, a lungo – fin dall’infanzia, fin da quando ho ricordo di me stessa- mi è sembrato di voler essere amata. Adesso io so che non mi serve l’amore, mi serve la comprensione.) Questi versi di Marina Cvetaeva, più di qualsiasi altro verso dell'universo, descrivono il fare poesia di Tania Chimenti. Una peculiare saggezza quella di Tania, appresa dallo sguardo di una finestra fronte albero, illuminata da un’emozione che si fa immagine attraverso la parola coltivata nella lucidità di un dolore, al fine quasi amato come si ama un amore finito. E con il dolore, Chimenti, sembra instaurare un rapporto epistolare composto da versi di leggerezza profonda, corrisposti da disegni di solitudine, a tratti impalpabile per via della delicatezza con la quale si esprime la poeta barese. Abbracciami cielo è un vademecum per imparare a gestire la solitudine, Chimenti ci insegna che siamo tutti estranei a noi stessi fino a quando non veniamo a conoscenza di non essere ciò che crediamo di essere e solamente entrando nel raggio del trapasso possiamo finalmente ricondurci a noi stessi. Possiamo definire la poetica di Tania Chimenti come l’approcciarsi non a un verso libero ma a un verso liberato.

 ***

ESCO POCO DI TANA

Esco poco di tana

faccio parte di quelle creature

che vivono sottoterra.

 

A volte scelgo il soprassuolo

con l'entusiasmo e la paura

del detenuto a fine pena

 

e con lo stesso spaesamento

del ricoverato nel giorno delle sue dimissioni.

 

Scavo ad occhi chiusi fori dell'anima

gallerie che dall'infanzia

mi proiettano al futuro.

 

Di notte nel mio rifugio

incontro quelle creature

che al mattino

non hanno nessuno.

.

***

CAMPANA TIBETANA

Non chiedermi di amarti

se imponi confini.

Non sono brava nella geometria.

Sono una funzione che tende all’infinito.

Mi piacciono quei baci che

iniziano con la consonante

e finiscono con la vocale,

Anzi non finiscono

Spogliano con gli occhi i sogni.

Non ti ho detto, ad esempio,

che la tua lingua è un martello di seta,

e la mia bocca una campana tibetana.

Il mio sangue ascolta le tue vibrazioni.

 

 

***

 

NON CI SFIORIAMO PIÙ

Non ci sfioriamo più

l’età adulta segna la fine

di un tempo che non c’è,

ricordo antico

materia per déjà vu.

Ma se un giorno

questo fiume

mostrerà la dolcezza della fine,

io mi farò lambire

senza lasciare traccia in questo finire.

Planerò come il gufo,

soffice rumore

estinguersi con passione.

 

 

***

 

IL MIO ALBERO

Il mio albero ha fitte foglie rosse

si è vestito d'imprevisto

 

Dono in una mattina

ha bussato sul mio cuore

con tanti rintocchi quante le sue foglie

 

Subito cielo

a far scorta d'ossigeno

 

E terra a offrire

nuove radici

le nostre

 

***

 

Tania Chimenti è subentrata a Delhy Tejero il 10 ottobre, alla vigilia delle Olimpiadi di Città del Messico. Abbracciami cielo (2023 WIP Edizioni) è la sua opera prima. Ama il mare e la cassata.


sabato 16 dicembre 2023

Romina Capo

 



LA POETICA CHIASTICA DI ROMINA CAPO

Romina Capo è un poeta sparpagliato nell’’universo, come le foglie: non riesco a trovarle una collocazione, un riferimento che mi possa rimandare ad altri poeti, ad altri scrittori forse, qualcosa, ma lei non fa solamente poesia, lei vive la poesia rimanendo fuori da tutto il resto. Leggendo i suoi versi ho imparato che di un dolore rimane sempre addosso l’odore, e questo è ciò che rimane della poesia di Romina una volta assimilata, anche se, durante una prima lettura dei suoi testi, ho spesso rischiato la banalità di cadere nel giudizio, dato che il ritmo imposto da Romina Capo si compone di un personalissimo look e risulta molto accattivante una volta che vi si riesce a entrare, a farne parte. Un linguaggio solido, già fin dalla sua prima breve composizione, “NaÏve”, confermato poi con “Appendici” -scaricabile gratuitamente online- Romina Capo sfoggia con maestria assoluta la difficoltà primaria di questo tempo, consistente nel riuscire a comunicare con il prossimo, a costruire relazioni che non siano solamente didascalie. Capo sa adoperare in maniera efficace le parole, sebbene si noti che non è assolutamente fatta per i giri di parole, lo si evince soprattutto dal lato passionale, quando lo esprime, dove pare non essere mai in bilico, dove tutto trema al cospetto del suo sguardo poetico. Praticità, legata a una (poco) velata tristezza e a un intrigante erotismo, una malinconia meriniana (se proprio devo citare un poeta) a dirigere il traffico di accadimenti. Testa sempre alta: vive sugli alberi la poesia di Romina Capo, e ci guarda tutti.




Romina Capo è nata a Venezia, sotto il segno dello scorpione, il giorno prima di Camille Rose Garcia e il giorno dopo Dennis Kelly. Abita il mondo. Altro.

Romina Capo - NaÏve (2007 - IL FILO)

Romina Capo - Appendici (2010 - Clepsydra Edizioni)

Romina Capo & Carmine Mangone - Eroticardio (2018- Maldoror press)

Romina Capo & Carmine Mangone - Più cocciuti della morte ( 2023 - Ab imis)

giovedì 23 novembre 2023

Paola Di Toro - Stato liquido

 



LA POESIA VISIONARIA DIPINTA DI BLU: PAOLA DI TORO  - STATO LIQUIDO

Quando mi sono accomodato sul divano della Di Toro inklines avevo considerato il titolo di questa raccolta come meta, invece la meta è stata la fluidità del “viaggio”.   La sua parte dura riposa in quel che rimane dentro di sé, scrive la poetessa molisana, ma leggendo Stato liquido mi è venuto il dubbio che Paola non  riposi mai, conforme al mare, mai ferma, e proprio il mare, adottato a metafora, è il protagonista di questa raccolta poetica. Con discreta precisione posso affermare che la Di Toro è divenuta poeta per “errore” [c’è un salto nel vuoto / ed una ferita.] saltando nel vuoto ha trovato un mare d’inchiostro a liberarla, a concederle l’opportunità di mettere in risalto la qualità della propria anima, liberata da che cosa sarà compito del lettore più attento portarlo alla luce attraverso un’attenta lettura. A tratti pare scriva col pensiero che nessuno la possa leggere, una sorta di diario intimo, mantenuto in ordine dagli scarabocchi procurati dalle insicurezze che ogni giorno appaiono sempre più grandi […un volo delle mani / che migra / e fa altra dimora ] sempre più incerte, come le domande a punto interrogativo fantasma che si pone [ Tu resti. (?)] Il mare è come il sangue (?) Il blu può essere considerato un sostituto del rosso? Queste domande che mi pongo, dopo avere letto Paola Di Toro, non richiedono una predisposizione alla risposta, la metafora della vita non ha mai una risposta che valga per tutti, ma nel caso specifico ho provato a dare una replica alla mia curiosità e l’ho trovata: [rimango / ancora aggrappata al tuo sangue come ci si aggrappa al pensiero del mare quando la vita trascorre senza scorrere: Stato liquido [Se ti va potremmo incontrarci in quei giorni che piove col sole… mentre di qua le teste rimangono e sono tutte bagnate]. Paola Di Toro entra nel buio dell’inchiostro per trovare luce, per donarla come si dona la gioia, certi passaggi la fanno apparire come la bambina all’esordio in mare, la quale sbatte le braccia per far schizzare l’acqua ed è felice, così la ritrovo quando più o meno sfumatamente descrive in versi il rapporto con le sue figlie, ciò che rimane alla fine di ogni caduta. L’alfabeto di Paola Di Toro non è composto di parole ma di sentimenti, serba in sé la memoria dell’acqua chele rimane dentro, forse da qui il suo essere accompagnata in ogni verso da una forma liquida di sdoppiamento, il sapersi destreggiare all’interno di un vuoto complice della fortuna di perdere il nome e avere soltanto le scarpe ad aspettarla: lei nata per attraversare, lui per percepire l’incendio. 

“…un fruscio di foglie

appese ai rami alti.”

Alcuni saggisti del novecento sostengono che la poesia illumini solo le premesse e gli effetti inerenti una crisi esistenziale, nella sua silloge Di Toro crea specchi di luce standosene rintanata nel buio. Facendo riferimento al verso riportato sopra: che sia, lei, il vento? Di Toro comunica lo stretto contatto tra l’invariabilità, e la possenza del masso e la incerta e vulnerabile coscienza. Dovremo forse attenderci, in futuro, un ulteriore consolidamento dello Stato liquido? A me la fluidità del suo istinto è piaciuta.

“Arriva il tempo

che ci rompe

in nuvole d’ossa.

E la china della luce

ci inginocchia.

Siamo esseri

in discesa

e la pietà sola

ci sospende

come esca che risale

dal fondo della terra.”

 

 *

Paola Di Toro è nata in un sabato di sole d'autunno in molise, vive a Campobasso. Non Beve, non fuma, ha la capacità di entrare nelle bolle di sapone senza farle esplodere. Stato liquido (DELTA3EDIZIONI) è la sua opera prima.

 

ENCICLOPEDIA DEL FAR NIENTE la crestomazia sbriciolata di un sé - Nota critica di FRANCA ALAIMO e quattro poesie controindicate.

  In genere le sezioni di un libro servono a sottolineare le diverse tappe tematiche del discorso. Ed, invece, in "Enciclopedia del far...