Elena Milani LE RONDINI AL RITORNO
[Ogni giorno dai vasi/ sul balcone affiora/ alla luce un altro fiore…
Poi tutto scompare/
fiori d’oro, arance/ mal di luce.]
Mi avvalgo della facoltà di citare Dino Buzzati per provare a definire la poesia di Franca Alaimo: << C’è un sistema semplicissimo e pratico per stabilire se una poesia è vera poesia: leggetela distrattamente, meccanicamente, senza il minimo sforzo, addirittura pensando ad altro. Se è poesia di quella buona, state pur certi che qualcosa vi entrerà nel cervello, vi toccherà come una punta.>> Confesso, una osservazione minuziosa delle sue parole non la sono riuscita a fare senza aver dovuto chiedere aiuto a un grande narratore, Franca è come una bambina che ti scappa da tutte le parti, la insegui e, quando ti fermi affannato, piegandoti con le mani sui fianchi, te la ritrovi lì davanti, saltellante, dicendoti: <Hai visto quanto è facile scrivere una poesia, è sufficiente parlare con Dio, nutrire un fiore, prendersi cura di un gatto.> Poi ricomincia a correre e, allora, leggendola, ti accorgi che la vita vale sempre la gioia di essere vissuta anche quando ti fa sentire come una conchiglia, estirpata dal mare e tenuta in giardino per fare apparire, il possidente, migliore. Ma noi non siamo niente, come recita a se stessa Alaimo dialogando con il suo Dio. Ma chi è il Dio con il quale si confida? Vogliamo immaginare sia il creatore del suo giardino, inteso come foglio, oppure è, quel Dio, la solitudine con la quale ognuno di noi convive più o meno pacificamente? <<Dirmi che sono una bambina, anche se sono avanti negli anni, ma lo so che il cuore non tiene in conto se non il ritmo del suo battito. Finché c'è, viva comunque la vita.>> E così succede, leggendo, di vedere sbucare dal foglio due mani rugose di bambina, protese verso le arance che nessuno coglie, quella sensazione di non essere abbastanza niente nel guardare fiorire il ritorno alla casa dove tutte le cose smettono di morire e, forse, anche di soffrire.
<<Si tratta, comunque, di soffiare sulla "bua" e tutto passa. Quando eravamo bambini, lo credevamo davvero, perché eravamo solo amore.>> Franca Alaimo.
Sono la bimba di ieri
che colora le labbra
col succo delle more,
e dice: io sono un fiore.
Non so quando, ma
diventerò una viola.
Mi alzerò su uno stelo
fluttuando nel cielo
come un aquilone.
*****
Franca Alaimo è nata a Palermo, dove risiede, con la sua gatta Ninnetta e un bellissimo balcone fiorito, a quattro passi dal mare. Voce influente della poesia contemporanea, è franca di nome e di fatto. L'ultima sua pubblicazione è:
100 POESIE - 2024 peQuod
L'inchiostro per innaffiare le parole, così come l'acqua per innaffiare i fiori. E la neve? Forse come stato embrionale delle cose, dico forse perché non lo so: DOVE NEVICANO LE VIOLE è un viaggio verso e attraverso la fioritura del destino, Anna Maria si prende cura di questo giardino che è la vita, con le sue speranze, le sue delusioni, le sue amare verità, il suo portare attenzione. Quando leggo un libro di poesie sono molto meticoloso riguardo la lettura dei titoli, delle stesse, a volte i suddetti sono poesia nella poesia, non so se tutti coloro che leggono con trasporto una silloge fanno caso a questo, io sì, e se si volesse giocare con i titoli, oltre a scoprire la smisurata commistione che si riscontra tra l'anima di Anna Maria e i fiori (a mio parere, in questo caso, simbolo delle stagioni e degli accadimenti) si riuscirebbe a ricavare una poesia di grande intensità emotiva. La Scopa dà soltanto risposte, perché in natura non esistono domande, esiste solamente un tempo che trascorre senza passare, dove tutto fa parte del tutto, non si getta niente, nemmeno l'esperienza negativa: in lak'ech, sembra sussurrare Anna Maria alle sue creature, mentre dormono sotto una neve di viole scagliate da Cupido, in attesa del ripetersi di quel miracolo che chiamiamo amore. Nella silloge si respira anche una grande passione per il mare, Anna non lo dichiara apertamente ma il mare è il suo rifugio, il ritorno al proprio stato primordiale, la necessità che in alcuni periodi della vita si fa impellente, da qui forse l'urgenza di scrivere, di comunicare al mondo il proprio atto di coraggio: affrontare la vita, prendendosi cura dei fiori. Mi viene solo da chiederle: cosa succederebbe se il suo inchiostro smettesse all'improvviso di respirare? Smetterebbero di cadere le viole? Non mi interessa sapere la risposta che forse è l'oggetto stesso di questo libro, io me la sono data leggendolo, ma non ve la dico.
LA POESIA TOTALITARIA DI VIVIANA VIVIANI, ESTRO A
PRIMA VISTA
Poi, si può dire che ognuno è bravo con le poesie
degli altri rivedute e corrette, di Viviana Viviani no, non si può dire. Lei è
capace, con le sue poesie, semplici, perentorie, inderogabili di estrarre il coniglio
dal cilindro dell’ambiguo, svelandolo con il cinismo e l’impudenza tipica della
bambina -per nulla- impazzita. Viviani è semplicemente Viviana,
non dà nulla per scontato, con lucida ironia si mostra, fragile, sferzante,
nuda come la donnina che vede passeggiare per strada e che poi all’improvviso
scompare dalla vista ma non dalla mente, perché Viviana è la voce di tutti noi,
di quello che siamo stati e abbiamo pensato almeno una volta nella vita e, attenzione,
tutto ciò potrebbe apparire ovvio ma non è affatto così: Viviana possiede il
tocco del fuoriclasse, di quelli che ne nasce uno (se va bene) per generazione.
Le poesie di Viviana Viviani prendono vita senza complicazioni psicologiche
dettate dalla necessità di trovare l’adatto, anzi, è proprio nell’inopportuno che
lei trova la pertinenza, è nella fragilità che riesce ad esprimere tutta la sua
potenza, senza timore alcuno di risultare inconsistente all’occhio intollerrante
di una nicchia che spesso ricerca l'anticonformismo attraverso l’eclatante, senza trovarne mai la quadra. Viviani, con la parola, evoca la presenza del
sentimento nell’attimo stesso in cui lo nega, sembra quasi volerci dire che l’unica
vita possibile da affrontare, al riparo, sia una morte giovane.
A CHE DARO' IL
TUO NOME
A che darò il
tuo nome?
Che cosa ti
assomiglia?
Forse a un
cane docile
per crederti
fedele
o a un gatto
bugiardo
per impazzire
a cercarlo,
la barca costa
troppo
e non so
navigare
e già in
troppi racconti
sei vittima o
assassino.
Se nulla ti
assomiglia
non resta che
una stella
a cui darò il
tuo nome
la comprerò in
offerta
da qualche
truffatore
la comprerò in
offerta
insieme a un
frullatore.
***
FINGO DI NON AMARTI
Fingo di non amarti
rispondo tardi
mi sento scaltra
se sbaglio apposta
il nome dell'altra
mostro indifferenza
distrazione e assenza
dico stiamo insieme
finché stiamo bene
viviamo il presente
senza promesse
sotto queste sciocchezze
da donna cresciuta
tengo nascosta
la bambina impazzita.
***
QUEL GIORNO
Solo ieri
rovesciavo formicai
lanciavo sassi
nel sole
facevo correre
cavalli in verticale
cucinavo a Ken
torte invisibili
mi nascondevo
dietro porte trasparenti
dalle maniglie
d’oro e di diamanti.
Poi non so
cosa accadde
come quando
attendi l'ebollizione
dell'acqua o
il sorgere del sole
fu solo un
momento di distrazione
dormivo con il
mio cane accanto
mi sveglia e
lui era di pezza
e tutti gli
altri giocattoli in soffitta.
Oggi ho una
casa e un'automobile
quando si
rompono le faccio aggiustare
mi sveglio
tutti i giorni sempre uguale
addebiti
accrediti cose da sbrigare
muovo i miei
cavalli tre più due
e compro
surgelati tre per due.
Oppure fu un
genio cattivo, iracondo
a scacciarmi
dal tempo infinito
dal centro del
mondo.
***
Viviana Viviani è nata a Ferrara, a poca distanza dal
Parco della luna. La leggenda narra che sia la figlia segreta, frutto di una
relazione musicopoetica, di Lucio Dalla e Wislawa Szymborska. Non parla il
polacco ma la sua biografia definitiva si chiamerà quasi certamente “25/1/74”
perché a modo suo è un’artista, accarezzata dal genio pure lei.
ESCO POCO DI TANIA – LA PAROLA LIBERATA DI TANIA
CHIMENTI
A lungo, a lungo – fin dall’infanzia, fin da quando ho ricordo di me stessa- mi è sembrato di voler essere amata. Adesso io so che non mi serve l’amore, mi serve la comprensione.) Questi versi di Marina Cvetaeva, più di qualsiasi altro verso dell'universo, descrivono il fare poesia di Tania Chimenti. Una peculiare saggezza quella di Tania, appresa dallo sguardo di una finestra fronte albero, illuminata da un’emozione che si fa immagine attraverso la parola coltivata nella lucidità di un dolore, al fine quasi amato come si ama un amore finito. E con il dolore, Chimenti, sembra instaurare un rapporto epistolare composto da versi di leggerezza profonda, corrisposti da disegni di solitudine, a tratti impalpabile per via della delicatezza con la quale si esprime la poeta barese. Abbracciami cielo è un vademecum per imparare a gestire la solitudine, Chimenti ci insegna che siamo tutti estranei a noi stessi fino a quando non veniamo a conoscenza di non essere ciò che crediamo di essere e solamente entrando nel raggio del trapasso possiamo finalmente ricondurci a noi stessi. Possiamo definire la poetica di Tania Chimenti come l’approcciarsi non a un verso libero ma a un verso liberato.
***
ESCO POCO DI TANA
Esco poco di tana
faccio parte di quelle creature
che vivono sottoterra.
A volte scelgo il soprassuolo
con l'entusiasmo e la paura
del detenuto a fine pena
e con lo stesso spaesamento
del ricoverato nel giorno delle sue dimissioni.
Scavo ad occhi chiusi fori dell'anima
gallerie che dall'infanzia
mi proiettano al futuro.
Di notte nel mio rifugio
incontro quelle creature
che al mattino
non hanno nessuno.
.
***
CAMPANA TIBETANA
Non chiedermi di amarti
se imponi confini.
Non sono brava nella geometria.
Sono una funzione che tende all’infinito.
Mi piacciono quei baci che
iniziano con la consonante
e finiscono con la vocale,
Anzi non finiscono
Spogliano con gli occhi i sogni.
Non ti ho detto, ad esempio,
che la tua lingua è un martello di seta,
e la mia bocca una campana tibetana.
Il mio sangue ascolta le tue vibrazioni.
***
NON CI SFIORIAMO PIÙ
Non ci sfioriamo più
l’età adulta segna la fine
di un tempo che non c’è,
ricordo antico
materia per déjà vu.
Ma se un giorno
questo fiume
mostrerà la dolcezza della fine,
io mi farò lambire
senza lasciare traccia in questo finire.
Planerò come il gufo,
soffice rumore
estinguersi con passione.
***
IL MIO ALBERO
Il mio albero ha fitte foglie rosse
si è vestito d'imprevisto
Dono in una mattina
ha bussato sul mio cuore
con tanti rintocchi quante le sue foglie
Subito cielo
a far scorta d'ossigeno
E terra a offrire
nuove radici
le nostre
***
Tania Chimenti è subentrata a Delhy Tejero il 10 ottobre,
alla vigilia delle Olimpiadi di Città del Messico. Abbracciami cielo (2023 WIP
Edizioni) è la sua opera prima. Ama il mare e la cassata.
LA POETICA CHIASTICA DI ROMINA CAPO
Romina Capo è un poeta sparpagliato nell’’universo,
come le foglie: non riesco a trovarle una collocazione, un riferimento che mi
possa rimandare ad altri poeti, ad altri scrittori forse, qualcosa, ma lei non
fa solamente poesia, lei vive la poesia rimanendo fuori da tutto il resto.
Leggendo i suoi versi ho imparato che di un dolore rimane sempre addosso
l’odore, e questo è ciò che rimane della poesia di Romina una volta assimilata,
anche se, durante una prima lettura dei suoi testi, ho spesso rischiato la
banalità di cadere nel giudizio, dato che il ritmo imposto da Romina Capo si
compone di un personalissimo look e risulta molto accattivante una volta che vi
si riesce a entrare, a farne parte. Un linguaggio solido, già fin dalla sua
prima breve composizione, “NaÏve”, confermato poi con
“Appendici” -scaricabile gratuitamente online- Romina Capo sfoggia con maestria
assoluta la difficoltà primaria di questo tempo, consistente nel riuscire a
comunicare con il prossimo, a costruire relazioni che non siano solamente
didascalie. Capo sa adoperare in maniera efficace le parole, sebbene si noti
che non è assolutamente fatta per i giri di parole, lo si evince soprattutto
dal lato passionale, quando lo esprime, dove pare non essere mai in bilico,
dove tutto trema al cospetto del suo sguardo poetico. Praticità, legata a una
(poco) velata tristezza e a un intrigante erotismo, una malinconia meriniana
(se proprio devo citare un poeta) a dirigere il traffico di accadimenti. Testa
sempre alta: vive sugli alberi la poesia di Romina Capo, e ci guarda tutti.
Romina Capo è nata a Venezia, sotto il segno dello scorpione, il giorno prima di Camille Rose Garcia e il giorno dopo Dennis Kelly. Abita il mondo. Altro.
Romina Capo - NaÏve (2007 - IL FILO)
Romina Capo - Appendici (2010 - Clepsydra Edizioni)
Romina Capo & Carmine Mangone - Eroticardio (2018- Maldoror press)
Romina Capo & Carmine Mangone - Più cocciuti della morte ( 2023 - Ab imis)
In genere le sezioni di un libro servono a sottolineare le diverse tappe tematiche del discorso. Ed, invece, in "Enciclopedia del far...